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scrittura   /   Come nasce un romanzo: Lo sguardo inatteso – 3

(giovedì, 21 gennaio 2016)

Ed eccoci al terzo capitolo della saga di “Come nasce un romanzo”. Ripeto fino alla nausea: non perché questo sia il paradigma di come nasce un perfetto romanzo. Questa è solo la testimonianza di come è nato “un” romanzo, che è una cosa molto difficile da trovare. Molto spesso gli autori sono come i cuochi: ti parlano fino allo sfinimento delle loro delizie (a volte ti dicono perfino come vanno mangiati i loro piatti) ma non ti fanno mai entrare in cucina. Con questa serie di articoletti invece vogliamo proprio entrare in cucina e capire alcuni meccanismi del processo creativo, anche nel suo aspetto più personale e unico. Nel primo articolo abbiamo appena contemplato la possibilità di scrivere un romanzo. Già questo è uno scalino difficile per molti, e anche se non è complicato è comunque un punto di passaggio che attraversano tutti gli scrittori. Nel secondo articolo abbiamo iniziato a prendere un’idea e a svilupparla. In questo caso l’abbiamo sviluppata in due, anzi il dialogo è stato molto produttivo. Non è sempre così ovviamente, la condizione è che alla base ci sia una profonda intesa tra le persone coinvolte nel processo creativo. Fortunatamente questo è stato il caso mio e di Irma: nessuno è mai partito da difese pregiudiziali del proprio punto di vista e avevamo ben chiaro il punto di arrivo, e cioè  una storia di un qualche interesse.

Una volta stabilita l’ossatura della storia, e cioè dopo aver deciso quali siano i personaggi, le loro azioni, lo scenario in cui si muovono e una possibile conclusione, siamo passati alla costruzione dell’ossatura della storia, con un’ipotetica divisione in capitoli. Allora avevo usato un’applicazione IoS dedicata: StorySkel, fatta apposta per creare una distribuzione in capitoli per un qualunque tipo di testo. Tornando a vedere ora come era suddiviso il romanzo mi sono trovato una sorpresa (il che mi indica che parti del processo creativo rischiano di andare perse con il tempo, se non c’è nulla di scritto a registrarlo). Il romanzo nella prima ideazione era articolato in 12 capitoli più un epilogo, una costruzione molto diversa rispetto ai definitivi 22 capitoli più un epilogo. In effetti ora mi ricordo che all’inizio avevamo progettato un romanzo molto più breve e probabilmente più semplice… poi il bisogno di raccontare prende la mano, si segue il flusso e… va bene così.

Del resto ogni capitolo più che definire aveva la funzione di stimolare la fantasia. Se vado a vedere il capitolo 1, leggo “Nel capitolo I vediamo Dafne al suo posto di lavoro, conosciamo la sua storia personale e familiare, i rapporti all’interno del luogo di lavoro stesso. Dove vive e la sua vicina (Kendra)”. Non andiamo nel dettaglio, dunque, ma abbiamo una guida. E così siamo andati avanti capitolo per capitolo fino all’epilogo. Anche se mi sarei occupato di gran parte della scrittura vera e propria, Irma avrebbe curato alcuni aspetti, come la costruzione del personaggio di Kendra (esistono anche dei bozzetti preparatori), una delle scene più importanti del romanzo (quella in cui Dafne e David restano da soli per la prima volta) e tante piccole cose che hanno dato alla storia un tocco particolare che io non sarei mai stato in grado di dare con le giuste sfumature.

Non tutto è rimasto come era indicato nello “scheletro” della storia. Alcuni tempi sono stati compressi per evitare rallentamenti inutili, alcuni personaggi sono stati riuniti in un solo personaggio che poteva avere diverse caratteristiche (una questione puramente economica) e alcuni nomi sono stati cambiati per questioni di eufonia o a seguito di ulteriori ricerche (non ricordo), e l’evoluzione dei personaggi è cambiata leggermente. Quello che succede dopo però sarà argomento del quarto capitolo, in cui inizieremo davvero a sporcarci le mani nel processo di scrittura.

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