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RECENSIONI   /   cinema   /   Quasi amici – parlare di handicap senza falsità

(martedì, 13 marzo 2012)

Cominciamo subito col dire che il tema di Quasi amici non è la disabilità. Lo so, la prima reazione di fronte a un’affermazione di questo genere è l’incredulità. Il film parla di una persona paralizzata dalla base del collo in giù e di un uomo che sulla carte dovrebbe essere il meno adatto nel prendersi cura di lui. Non ha alcuna esperienza, nessuna formazione e apparentemente nessuna attitudine ad accudire una persona non autosufficiente. Eppure, insisto, questa pellicola non parla di disabilità.

In fondo qual’è il modo migliore di parlare di disabilità? Continuando con i paradossi più o meno apparenti, potrei insistere dicendo che il modo migliore è non parlarne. Ora spiego il perché di tutte queste frasi apparentemente criptiche.

Quando si affrontano certi temi, l’errore più grande è quello di partire da un’idea, da uno stato mentale o da un’atmosfera. Il prodotto finale sarà una specie di lavoro a tesi, in cui l’autore cerca di dimostrare qualcosa al pubblico, inventando procedimenti più o meno banali per conquistarne la simpatia.

Il merito di Quasi amici è proprio quello di travolgere ogni luogo comune su handicap e disabilità mostrando una vicenda che essenzialmente parla di relazioni umane. Quello che conta è il rapporto improbabile tra Philippe, uomo della Parigi bene e Driss, “ragazzaccio” della Banlieue. La condizione di Phlippe è più che altro una questione di contesto, un contesto di enorme importanza, certo, ma a contare davvero è il modo in cui i due personaggi affrontano questo tema. Vale a dire in modo del tutto quotidiano, fra dolori e piccole soddisfazioni, alla costante ricerca di meccanismi di alleggerimento che spesso sconfinano nel politicamente scorretto. Driss non cerca giri di parole per definire la situazione di Philippe e Philippe apprezza questa franchezza. Solo nel momento in cui una situazione può essere nominata senza paure e senza falsi pudori può davvero sparire. Quello che resta è l’uomo, ed è proprio questo il merito di questo film così raro nel suo genere.

Questo non vuol dire che l’argomento sia minimizzato o banalizzato. Anzi, in piccole pennellate vengono trattati temi di un’importanza estrema, come il saper trovare la forza di vivere anche in una condizione estrema e del valore terapeutico dell’amicizia. Con una piccola aggiunta: a volta quella che sulla carta sembra la persona meno adatta per un lavoro, in realtà è proprio la più indicata. Quello che davvero fa la differenza è l’umanità, non quel pietismo un po’ peloso che fin troppo spesso si finisce per avere verso “chi è più sfortunato di noi”, ma quell’umanità che scaturisce da un interesse vero nei confronti di chi è di fronte a noi e in grado di spezzare tutti i vecchi schemi mentali. In realtà Quasi amici, proprio senza la pretesa di voler educare nessuno, può essere più di insegnamento di molte altre pellicole che affrontano il tema in modo “sbagliato”.

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