(martedì, 20 marzo 2012)
Uno scrittore si trova sempre di fronte a una sfida: creare un personaggio non solo verosimile, ma “vero”, descritto e rappresentato in maniera così vivida da pensare di poterlo incontrare per strada, di potergli stringere la mano o di cambiare marciapiede se è un tipo poco raccomandabile. Nella maggior parte dei casi non è necessario né consigliabile inerpicarsi in discorsi profondi sulla psicologia del personaggio, andando a ritroso nelle più intime motivazioni alla base dei suoi comportamenti. Quello che rende un personaggio solido ed efficace è quello che fa, vederlo in azione. Ogni personaggio in fondo è definito dalle azioni che compie. Nella letteratura russa esiste un personaggio emblematico, l’Oblomov di Goncarov, caratterizzato da un’apparente inattività. Sta costantemente rinchiuso dentro casa e si potrebbe dire che non faccia nulla. In realtà anche il suo comportamento presuppone un’azione, e cioè una forma di resistenza al mondo esterno.
Andando alla radice dell’azione di un personaggio si può supporre che però ogni comportamento nasca da un moto interiore che ne determina l’impulso iniziale. Comprendere una sottile differenza in questo impulso iniziale può rendere più chiaro un personaggio in primo luogo al suo autore e in secondo luogo al lettore, che lo troverà più vero, più autentico e più comprensibile.
Si potrebbe dire che alla base dell’azione di un personaggio ci possano essere due spinte distinte, così diverse che nessuna delle due può esistere in presenza dell’altra. Ci può essere, cioè, una scelta o una decisione.
L’effetto di uno di questi impulsi iniziali è il medesimo: un’azione. E’ il presupposto interiore che fa davvero la differenza.
Philip M. Bromberg nel suo “Clinica del trauma e della dissociazione” (pagg. 38-39, Cortina Editore, Milano 2007) dà una spiegazione molto chiara dei due concetti:
- Il termine “decisione” implica dominio – una padronanza dei fatti e una consapevolezza delle diverse opzioni che conducono a selezionare l’opzione giusta.
- Il termine “scelta” comunica invece un processo di difficile selezione nel quale un qualcosa di valore viene guadagnato solo attraverso la rinuncia a qualcos’altro.
Per fare un esempio quotidiano, una scelta potrebbe essere quella di mangiare un’insalata invece di un cheeseburger con patatine. La rinuncia al piacere di assumere cibi grassi e fritti viene controbilanciata dalla consapevolezza di non stare maltrattando il proprio organismo. Oppure potrei mangiarmi il mio cheeseburger, dicendo che in fondo me lo sono meritato, magari perché ho avuto una giornata difficile o perché ho concluso un buon affare al lavoro. In questo secondo caso ho preso una decisione.
Vediamo come questo sistema è applicabile in termini di scrittura.
Si può pensare che i militari in generale prendano delle decisioni. Non è sempre detto. Vediamo due casi.
Quando il colonnello Kilgore di Apocalypse now fa bombardare la vegetazione lungo la linea costiera prende una decisione. E’ profondamente convinto della giustezza della sua opinione e ritiene le ricadute negative delle sue azioni (danni ambientali, effetti a breve e lungo termine sulla popolazione civile) di scarsa importanza. Nella decisione di Kilgore non c’è nulla che viene “perso”.
Prendiamo in esame un secondo colonnello: il colonnello Dax di Orizzonti di gloria. Dax rinuncia a una promozione perché i suoi principi gli impongono di stare dalla parte dei suoi soldati. In questo caso abbiamo una scelta: Dax sceglie di non diventare generale per mantenere la propria integrità e la propria umanità.
In definitiva tutto si può ridurre alla domanda: il personaggio ha qualcosa da perdere? Pensa di avere qualcosa da perdere?
Se la risposta è sì, probabilmente sarà più facile creare delle situazioni di conflitto interessanti e chi legge si affezionerà molto più prfondamente a un personaggio che sa quello che fa.
In fondo, chi ha la verità in tasca non sta simpatico a nessuno.
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