(venerdì, 23 marzo 2012)
La ricerca è uno degli strumenti principali (se non lo strumento principe) dello scrittore. Ogni volta che un autore si confronta con la realtà prima o poi ha la necessità di approfondire un dettaglio, una notizia storica, il funzionamento di una particolare tecnologia. Ogni autore ha un approccio personale nei confronti della ricerca. Ad esempio Amelie Nothomb, scrittrice francese negli ultimi anni molto a la page (e anche molto interessante), ha dichiarato di non fare assolutamente ricerca. Tutto quello che scrive è il frutto delle sue esperienze, delle sue letture e di tutto quello che è confluito nella sua personalità. Per esempio nell’Igiene dell’assassino Amelie Nothomb cita il giansenismo. Probabilmente viene da una serie di reminiscenze e di letture, anche approfondite, che l’autrice ha svolto in passato. In questo caso diventano le reminiscenze scolastiche dei due protagonisti. Il meccanismo funziona, perché non c’è eccesso di ricerca rispetto a quello che i due personaggi potrebbero ragionevolmente riportare alla mente.
Per uno scrittore alle prime armi, il rischio principale è lasciarsi sopraffare dalla ricerca. Anzi, in alcuni casi la ricerca può diventare un problema. Non sto parlando di problemi di raccolta di informazioni. Ormai raccogliere informazioni sugli argomenti più disparati è facilissimo: solo su youtube si può trovare un video di istruzione su qualunque attività pratica, dal trucco alla pulitura di armi, dalla cucina all’esecuzione di pezzi complessi sugli strumenti musicali più esotici. Allora, come si fa a capire quando la ricerca sta diventando un problema? E’ molto semplice: quando ci impedisce di scrivere. Tutto quello che limita l’esercizio della creatività deve essere percepito come un problema.
A questo punto possiamo davvero prendere ad esempio Ian Fleming, il “papà” di James Bond. I suoi libri comprendono una grande quantità di luoghi esotici, di strumenti tecnologici e di sistemi di sicurezza dei paesi più disparati. E’ perfettamente logico che la sua scrittura avesse necessità di ricerche specifiche ed estese, visto che Bond poteva trovarsi indifferentemente a New Orleans, in India o sulla Luna.
Come risolveva Fleming il problema della scrittura? In maniera semplice ed elegante: scriveva prima e faceva ricerca dopo. In questo modo evitava di disperdersi in approfondimenti sistematici (e inutili) e prendeva di volta in volta esattamente quello che gli serviva.
Forse è un metodo da tenere a mente.
un commento
RISPONDI
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il 26 febbraio 2013 alle 10:17 ha scritto:
[...] Sapevate che i gatti non hanno il senso del dolce e che molti animali non vedono a colori? Ogni animale ha delle qualità specifiche che li rendono diversi da noi. Non è obbligatorio fare ricerca per fare questo esercizio: lo scopo non è quello di scrivere una storia realistica (Esopo di certo non si faceva questo problema), ma se proprio volete farlo, ponetevi il limite di una massimo due pagine consultate su internet. In questo caso fare troppa ricerca può essere controproducente e allontanarvi dal vostro compito: scrivere. Tenete presente l’esempio di Ian Fleming. [...]