scrittura / Un sogno lungo un giorno(mercoledì, 1 agosto 2012)Quando parlo di scrittura, non mi limito ad intendere un insieme di parole incise su un mezzo che potrebbe essere un foglio di carta o lo schermo di un computer. In realtà intendo la scrittura come “modalità narrativa”, per cui si può parlare tranquillamente di scrittura cinematografica o di scrittura teatrale non in senso puramente testuale ma come il concorso di tutti quegli elementi tecnici e artistici che portano a un prodotto finito. La scrittura del testo viene portata avanti e completata dal lavoro degli attori, dalla regia, dalle luci e da tutti quei minimi dettagli che davvero rendono vive le pagine di una sceneggiatura o di un testo drammaturgico. Sapere leggere e riconoscere l’importanza di tutti gli elementi che compongono un’opera audiovisiva è una competenza tipica del critico teatrale e cinematografico. Mi affretto ad aggiungere che dovrebbe essere competenza di ogni scrittore. Vorrei prendere ad esempio un film poco conosciuto di Francis Ford Coppola, “Un sogno lungo un giorno” per indicare una modalità in cui uno scrittore dovrebbe avvicinarsi a un film. Chi vuole analizzare una pellicola per integrarla nella propria pratica scrittoria, dovrebbe saper guardare in modo del tutto nuovo. Per esempio è molto utile allontanarsi dal semplice esame della trama. “Un sogno lungo un giorno” è un esempio lampante di come si possa guardare un film a 360 gradi, non limitandosi cioè a sciogliere semplicemente gli snodi narrativi. “Un sogno lungo un giorno” (titolo originale: One from the heart) è stato realizzato da Coppola nel 1982, cioè subito dopo Apocalypse Now, ed è stato il primo film ospitato dallo Zoetrope Studio. Zoetrope non doveva essere, secondo le intenzioni del regista, l’artefice occasionale di un prodotto sperimentale, ma l’iniziatore di un nuovo modello produttivo in grado di dare più libertà ai cineasti. In realtà il film non ebbe il successo sperato e fu ritirato dalle sale molto rapidamente. La storia è molto semplice e può essere riassunta in tre frasi. Hank e Frannie vivono insieme in modo problematico. Durante una notte Frannie incontra Ray e Hank flirta con Leila. Hank e Frannie torneranno insieme o troveranno una nuova vita? Cominciamo col dire che questo film è poco noto perfino a chi si dichiara fan di Coppola. La trama è estremamente lineare e per certi versi anche prevedibile. Eppure “Un sogno lungo un giorno” è -secondo me- un grande film per una serie di elementi che lo rendono unico. La colonna sonora è stata composta ed eseguita da Tom Waits. Non si potrebbe pensare a un musicista più efficace per rendere sullo schermo la triste quotidianità della fine di un rapporto come tanti altri. Già solo questo elemento porta il film su un altro piano. Tom Waits ha la capacità di rendere incredibilmente coinvolgente anche il tempo più trito e comune, riempendolo di una poetica della sofferenza così palpitante da non poter lasciare indifferenti. La messa in scena è totalmente artificiale, fasulla, una sfacciata scenografia teatrale. Questa falsità, che danneggerebbe un qualsiasi film “normale”, nel caso del “Sogno lungo un giorno” diventa un fattore essenziale per rappresentare il mondo in cui vivono i protagonisti. Un mondo di finzioni, di convenzioni costruite con pazienza ma dotati della stessa profondità di un fondale. L’altra faccia della medaglia di questa apparenza è l’illusione di poter fuggire da un mondo finto, cercando riparo in un universo ancora più fasullo. Nel momento in cui Hank e Frannie inseguono le rispettive passioni passeggere, fa la sua irruzione sulla scena il musical, con il suo rutilante mondo di canti e coreografie. Forse l’esempio più estremo di artificiosità e convenzione nel cinema (questo è un giudizio tecnico e non di valore: adoro i musical). L’ambientazione a Las Vegas, la città più illusoria del mondo nel suo essere la cattedrale del gioco d’azzardo e del divertimento mordi e fuggi nel pieno deserto del Nevada, completa il quadro in cui l’inautenticità è una caratteristica genetica e fondante del mondo in cui si muovono i vari personaggi. Il rischio più evidente di un’operazione di questo tipo consisteva nel “fare teatro”, grazie a quei fondali così simili ai palcoscenici della prosa. Coppola rende questo lavoro cinematografico tramite un abbondante ricorso ai piani sequenza, mai fini a se stessi ma anzi studiati in modo tale da rendere evidenti, a livello spaziale, le relazioni tra i vari personaggi e la loro (pur semplice) evoluzione. Uno scrittore, come esercizio di scrittura, forse potrebbe provare a rileggere alcuni film andando a ricercare non solo i solito snodi e colpi di scena, ma anche quegli elementi impalpabili che rendono un lavoro cinematografico efficace, coinvolgente o anche semplicemente interessante.
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