Questo sito è dedicato allo sviluppo e alla pratica della scrittura creativa in tutte le sue forme e comprende l’analisi critica di vari mezzi espressivi, dalla narrativa alla musica, dal cinema al teatro, passando per altre forme che fin troppo spesso sono considerate minori: la televisione e il fumetto.

RECENSIONI   /   cinema   /   Diario non ufficiale del 69 Festival di Venezia (1)

(venerdì, 31 agosto 2012)

20120831-160625.jpgVenezia è una città che ti frega subito, appena arrivi. Ti illude con una frescura apparente appena uscito dalla Stazione dei treni e ti espone impietosamente a un’umidità appiccicosa che ti fa subito rimpiangere qualunque regione tu abbia lasciato. Questo è l’impatto con Venezia. Il Lido in realtà è molto peggio. Per varie ragioni sono mancato dal Festival per ben due anni ed ero piuttosto curioso di questa 69a edizione, la prima dopo l’era Muller. È ancora presto per farsi un’idea. L’unica cosa che mi è abbastanza chiara è che non mi sono perso nulla di eclatante finora. Non ho visto molto il primo giorno, appena due film.

Il primo è Tradimento (Izmena) del regista russo Serebrennikov. La storia è abbastanza semplice. Un uomo e una donna scoprono di essere traditi dai rispettivi partner. Non sanno bene cosa fare, se correre ai ripari, fregarsene o iniziare una storia d’amore a loro volta. Sequenze a tratti molto belle, ma nel complesso è un film che mi ha confuso. Non so se ci sia un significato profondissimo dietro a ogni inquadratura (probabilmente c’è) e straordinari legami alla cultura russa (probabilmente ci sono), ma proprio non li ho saputo cogliere. Mi ha consolato constatare che il mio russo è meno arrugginito di quello che pensavo.
Il secondo film è stato At any price, con Dennis Quaid e Zac Ephron nell’inedito ruolo di padre e figlio. At any price è una specie di “sogno americano andato a male”, un’epopea familiare non verso l’alto ma verso bassezze sempre più nuove e umilianti. L’importante è mantenere le apparenze e lo Status Quo, rappresentato dall’essere “i primi in sette contee”. Sulla carta sembra un buon film, ma durante la visione ho sofferto davvero molto. Un film di una lentezza angosciante, con il dilungarsi di personaggi e situazioni spesso accumulate in modo un po’ meccanico. Interessante il punto in cui si vede che le multinazionali OGM mettono inginocchio l’agricoltura tradizionale, ma sono cose già note.
Ho provato a vedere un terzo film, The Iceman, ma non c’è stato proprio verso. Pubblico pagante a go go. Per carità, sono lieto che ci sia interesse, ma avrei preferito vedere il mio film di assassinii mainstream prima di un’altra giornata di autorialità forzata.

Condividi condividi su Del.icio.us condividi su Digg


 

RISPONDI


+ 4 = 12

RECENSIONI PRECEDENTI

notizie cinema teatro musica scrittura