scrittura / Esercizio di scrittura: raccontare sensazioni corporee(venerdì, 22 febbraio 2013)DA DOVE COMINCIAMO A SCRIVERE? DAL CORPO! “Da dove comincio?” questo è il primo pressante, struggente interrogativo che ci poniamo davanti a un foglio bianco. La risposta più ovvia è quella che il Cappellaio Matto e la Lepre Marzolina danno ad Alice: “Comincia dall’inizio e quando arrivi alla fine… termina!”. La risposta vera a questa domanda apparentemente elementare è allo stesso tempo infinitamente più semplice e infinitamente più complessa. La scrittura parte da noi. Siamo noi l’inizio di ogni percorso di scrittura (e non necessariamente il punto di arrivo). Quello che conta non è la storia, il personaggio, il contesto, l’importanza del messaggio che vuoi trasmettere al tuo lettore. Sei tu ad essere importante, tu fai la differenza. Perché la scrittura parte dal tuo mondo, dalla percezione che hai di esso, dal tuo sistema di valori, dal tuo corpo. PER UNA SCRITTURA CHE PARTA DAL CORPO In quanto figli della cultura e della filosofia occidentale, portiamo dentro di noi un’idea dualistica del rapporto tra mente e corpo. Siamo stati educati a considerare il corpo una cosa e la mente un’altra cosa, come se fossero due entità separate che albergano all’interno di una sola persona (cfr: Luigi Solano, tra mente e corpo, Cortina Editore, pag. 7). Secondo Solano sono due i principali responsabili “culturali” di questa scissione. Da una parte Platone, con il mondo delle idee distinto da quello della natura, dall’altra Cartesio con la sua distinzione tra res cogitans, la mente, e res extensa, il corpo. Come se quest’ultimo sia il frutto di una vile materialità, volgare estensione di un’entità superiore che se ne serve come il maniscalco si serve del martello. Naturalmente il cristianesimo di stampo medievale, con l’idea di mortificazione del corpo, ha dato un forte contributo alla separazione tra attività dello spirito e attività del corpo. Paradossalmente, ogni tentativo di mortificazione del corpo aveva l’effetto – in realtà – di esaltare la sensorialità del corpo (anche se in negativo), basti pensare al famigerato cilicio e alla consapevolezza costante della sua presenza. Questa distinzione è in realtà del tutto priva di senso in culture non occidentali e nelle cosiddette “culture primitive” che hanno un rapporto molto più diretto con la natura in cui vivono e all’unione tra pensiero e azione. Parafrasando lo Yoda di Guerre Stellari (ispirato a molte filosofie di stampo orientale, lo stesso nome Yoda viene dall’ebraico “io so”), non esiste il “pensare di fare” esiste solo il “fare”. Qual’è il punto di tutto questo discorso? Il punto è che la scrittura viene ritenuta comunemente un’attività intellettuale, ma questo non è necessariamente vero. Anzi, si può dire che il pericolo più grande in cui possa incorrere uno scrittore è proprio quello di essere troppo cerebrale, troppo astratto, poco concreto. Questo pericolo diventa subito una mancanza, anzi, una serie di mancanze: mancanza di chiarezza, di precisione, incapacità di coinvolgere se stessi (e il lettore!) in quello che si sta scrivendo. IL NUTRIMENTO DELLO SCRITTORE Uno scrittore non è un cervello rinchiuso in una torre d’avorio: è prima di tutto un corpo che si muove nel tempo e nello spazio, suscettibile di tutti gli stimoli che è in grado di incontrare. Muovendosi nel tempo e nello spazio ha bisogno di nutrimento per eseguire tutte le attività in cui è impegnato. La scrittura non è un’eccezione. E qual’è il nutrimento della scrittura? Noi stessi siamo il mezzo di sostentamento primario della scrittura, le nostre esperienze, il nostro modo di guardare il mondo che ci circonda, la nostra stessa idea di realtà e il nostro corpo. Quando provi qualcosa a livello più profondo, quando provi quelle che in linguaggio comune sono chiamate “emozioni” in realtà cosa stai provando se non delle sensazioni fisiche? Queste sono spesso uniche per ciascuno di noi, e i grandi scrittori sono riusciti a mettere su carta questo tipo di sensazioni “psico-sensoriali”, a volte come sensazioni di calore o di freddo, di peso o di leggerezza, di contrazione o di espansione. Per esempio la solitudine è spesso associata al freddo, mentre lo stare in compagnia è associato al calore. L’ansia è connessa a una sensazione di soffocamento o di pesantezza nella regione toracica. Molte altre sensazioni sono associate allo stomaco, dalle famose “farfalle” dell’innamoramento fino a sensazioni più dolorose come la depressione, il senso di frustrazione e di inutilità e i sentimenti rabbiosi. Non è un caso. Ormai si sa che le cellule dello stomaco sono molto simili alle cellule del cervello, tanto che ormai lo stomaco viene chiamato “secondo cervello”, come se esso fosse in grado di forme di pensiero autonomo. Quello che il buon senso ci dice è che il corpo ha in realtà una memoria autonoma. La frase comune “è come andare in bicicletta”, correlata a una capacità che non viene persa con il passare del tempo, ricorda proprio questa memoria corporea, senza la quale non potremmo danzare, scrivere, dipingere, cantare, suonare strumenti musicali, cucinare, guidare mezzi meccanici, eseguire sport ed esercizi complessi e tante altre attività che è inutile riportare. PARTIRE DAI SENSI Naturalmente non tutti abbiamo la stessa consapevolezza del nostro corpo. Alcuni l’hanno naturalmente, per altri è una conquista da conseguire nel tempo con un duro lavoro su se stess. Curiosamente questa autocoscienza non è direttamente collegata a un’attività sportiva o alla continuità nell’esercizio fisico. Fare una cosa ed essere consapevoli di quello che si sta facendo sono spesso due cose distinte e separate. Una delle prime cose che uno scrittore può fare per riconquistare la propria corporeità è ripartire dall’uso di tutti i sensi. Troppo spesso nella scrittura usiamo solo due sensi: la vista e l’udito. Eppure il mondo è molto più ricco, e la capacità di uno scrittore di usare altri sensi può restituire a chi legge il mondo nella sua interezza, facendo diventare la lettura un’esperienza ricca e coinvolgente. Quindi è consigliabile iniziare a considerare questa possibilità il prima possibile. Il tatto può darci l’idea di una temperatura, a livello ambientale o personale (in un abbraccio ad esempio, oppure si pensi al Dustin Hoffman di Rain Man che descrive un bacio come “umido”), inoltre può rendere più viva la descrizione di vestiti e tessuti e può chiarire percezioni al di fuori dell’ordinario. Un uomo vissuto in ambiente selvaggio, quali sensazioni potrebbe avere nell’indossare per la prima volta un abito di seta? La stessa cosa si può dire per l’olfatto e per il gusto. Immaginiamo un personaggio che si trova in un ambiente diverso dal solito o che assaggi per la prima volta il piatto di una cucina esotica. Prendiamo un’eroina che si trovi per la prima volta nella giungla. Quante sensazioni nuove potrebbe provare? Probabilmente vede cose che non ha mai visto prima, colori ed animali esotici. Sente i suoni di questi animali, il fruscio delle foglie e lo stormire delle fronde degli alberi più alti. Poi probabilmente sente lo strisciare di creature nel sottobosco, il frinire di insetti dalle dimensioni stravaganti e suoni più lontani. Probabilmente sente caldo, l’umidità le appiccica i vestiti alla pelle, magari sente la stanchezza del viaggio o si sente fisicamente appagata da tutte quelle nuove esperienze. Di certo sente odori e profumi mai sentiti prima e cerca di analizzarli e di scoprire se possono indicare un pericolo o un qualcosa di nuovo da scoprire. Se poi ci fosse nelle vicinanze qualche frutto esotico, possibilmente indicato come commestibile da una guida esperta… allora la nostra eroina potrebbe aggiungere un’altra esperienza sensoriale. Nella filosofia orientale viene menzionato il sesto senso, la capacità di “pensare il pensiero”. Può essere considerata anche questa un’attività fisica? Lascio questa idea come provocazione. ESERCIZIO Prendi un’attività che ti piace fare. Deve coinvolgere il maggior numero di sensazioni fisiche o di sensi. Cucinare è un buon esempio perché coinvolge davvero ogni senso, ma anche altre attività fisiche possono essere fonte di ispirazione. Per esempio il canto, con l’esperienza di controllo del corpo legata all’uso del diaframma, è molto illuminante. Per questo esercizio può essere utilizzato ogni sport, ogni attività fisica (al limite anche una passeggiata in città può andare bene, ma anche suonare uno strumento musicale). E’ importante che sia qualcosa che ami fare, che sia parte di te e che tu sia in grado di esprimerlo a parole nella maniera più ricca possibile. Per compiere questo esercizio in maniera corretta ti consiglio di fare prima l’attività che hai scelto, ma in maniera consapevole. Scomponi quello che stai facendo in maniera graduale, dagli elementi più grossolani (sto correndo) agli elementi più raffinati (la pianta del piede che si posa al suolo dà un contraccolpo a tutto il corpo, riflettendosi in ogni fibra dei muscoli e in tutto lo scheletro). Alle componenti sensoriali possiamo aggiungere componenti emozionali: qual’è il momento che ci dà più gioia, o che richiede più concentrazione? Lunghezza dell’esercizio: 1-2 cartelle (3000-6000 caratteri) Vuoi mandarmi il tuo esercizio? Lo leggerò e ti risponderò dandoti suggerimenti e consigli del tutto gratuitamente.
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il 26 febbraio 2013 alle 9:54 ha scritto:
[...] esercizio è il seguito naturale dell’esercizio di scrittura sensoriale che ho proposto precedentemente. Chi scrive spesso ha la tendenza ad affidarsi alla vista o [...]
il 20 marzo 2013 alle 11:05 ha scritto:
[...] In un altro articolo avevo parlato dell’importanza di una scrittura che parte dal corpo. In questo articolo vorrei proporre un esercizio basato solo su due sensi che troppo spesso sono sottovalutati nel momento in cui scriviamo: il tatto e l’olfatto. [...]