Analisi: come è raccontata la storia della pesca?
Ormai è stato detto più o meno tutto. In questo breve articolo vorrei concentrarmi su alcuni aspetti della costruzione della storia della pesca, anche tramite l’uso di qualche immagine. È bene ricordare che in un corto così breve (2 minuti) ogni aspetto, anche il più piccolo deve essere controllato in maniera meticolosa e nulla può essere lasciato al caso o a interpretazioni non desiderate.
Dov’è Emma?
Il corto si apre con un gancio potentissimo, quasi un colpo basso alla paura più profonda di ogni genitore: perdere di vista il proprio bimbo in un luogo pubblico. La mamma agisce in un modo che potremmo definire da manuale: mantiene la calma, chiama il nome della figlia senza alzare la voce, non corre e chiede alle persone che si trovano nelle vicinanze se abbiano visto Emma. Questo racconta molto del personaggio della madre: è controllata, ha padronanza delle emozioni e agisce in modo razionale.
Perché una pesca?
Perché proprio una pesca? In una pubblicità di un supermercato ci si potrebbe aspettare la presentazione di un prodotto recante il marchio della catena. Una pesca si può trovare in qualunque luogo di grande distribuzione. È un procedimento rischioso, ma i creativi hanno preferito puntare al legame tra luogo ed emozione, anziché tra prodotto ed emozione. Sulla natura della pesca mi sento di fare alcune ipotesi: è un frutto abbastanza grande perché sia visibile e perché sia afferrato in maniera stabile dalla mano di un bambino; ha una struttura regolare e rotonda che evoca l’idea di circolarità; ha una sua dolcezza; non ha addentellati culturali forti che facciano pensare ad altro. Altri frutti hanno la stessa forma, ma non sarebbero stati adatti. La mela ha troppi riferimenti culturali (il giardino dell’Eden, Biancaneve), l’arancia è troppo aspra e acida, il cachi avrebbe portato ad associazioni semantiche indesiderate. In seguito scopriremo che al papà piacciono le pesche. Probabilmente questa è la ragione narrativa per cui Emma sceglie proprio una pesca e non altro.
Non devi farlo mai più, ok?
La “fuga per prendere la pesca” si risolve senza drammi e con un semplice avvertimento a non fare più una cosa del genere. La pesca viene comunque concessa alla bambina (anche perché altrimenti la storia sarebbe finita qui), ed è un segno di serenità dei rapporti tra madre e figlia. Una cosa niente affatto scontata visto che la famiglia sta attraversando una fase molto difficile e probabilmente è ancora in una fase di adattamento. Non ho elementi testuali per stabilire che la separazione sia recente: la mia è solo una sensazione.
Lo sguardo della bambina
Nel corto il protagonista è lo sguardo. Lo sguardo ha una funzione trasformativa, nel senso che cambia la natura di quello che osserva in modo profondo. In questo caso un oggetto indifferente come un frutto diventa il veicolo di una comunicazione al momento assente. In questo punto i più precisi hanno detto che la pesca avrebbe dovuto essere nel sacchetto. Ahimè, la scena non avrebbe avuto lo stesso appunto e quindi è una licenza del tutto perdonabile. Una nota sugli altri prodotti (visibili) messi sul nastro dalla madre: insalata, succo di frutta, uova, latte, ceci. Fa pensare a un’alimentazione vegetariana o più semplicemente si è scelto di mettere in campo alimenti (anche questi tutti senza marchio) che non distraessero.
Incidente chiuso
Nel frattempo l’incidente della fuga di Emma per recuperare la pesca è definitivamente chiuso. La mamma ha rimproverato la bambina in maniera ferma, efficace, ma anche affettuosa ed è finita. Ora le riporta le parole della maestra su un disegno che ha fatto. Il disegno non sembra indicare elementi della separazione tra i genitori. Anzi, in questo momento non abbiamo indizi per pensare che i genitori di Emma siano separati. La bimba però non sembra molto interessata a quello che dice sua madre e guarda fuori. Una scena in particolare cattura la sua attenzione.
Io vedo una famiglia
Per quanto possa sembrare bizzarro, questa potrebbe essere una citazione quasi letterale da Harry ti presento Sally (e per ora non mi sembra che questo sia stato rilevato). Vi consiglio di guardare questo breve passaggio.
In questo caso è il montaggio a ricostruire il monologo. Di fatto lo spettatore commenta nella propria mente “io vedo una famiglia”. Nella sua semplicità è un procedimento molto forte, molto efficace ed emotivamente molto carico. Da qui potremmo intuire qualcosa sulla verità di Emma come figlia di genitori separati.
Tuttavia Emma è una bambina serena, quando sta con i genitori ride, scherza, si distrae e non vive la situazione in maniera estremamente drammatica. Questo è un particolare della narrazione molto significativo. Da un punto di vista comunicativo, offrire una narrazione cupa sarebbe controproducente. In effetti il corto si muove sul filo del rasoio delle emozioni negative ed è un gioco molto rischioso. Le emozioni infatti si ricollegano al vissuto dello spettatore in maniera individuale e potenzialmente imprevedibile. Anche per questo lo spot è stato così divisivo: ha toccato corde diverse in persone diverse, a volte anche in modo tagliente.
La scena in cui arriva il padre è molto interessante perché delinea in maniera molto precisa il rapporto tra i genitori. L’uomo citofona, ma non risponde nessuno al citofono. Invece c’è un gioco di sguardi estremamente basilare che si può così riassumere:
“Ti vedo, sei arrivato”.
“Anche io ti vedo, sai che sono qui”. Non uno scambio di sguardi particolarmente gioioso o entusiasta. Fare rispondere al citofono non avrebbe avuto la stessa efficacia. Resta il fatto che i due genitori non sembrano comunicare in modo verbale. Dopo questo riconoscimento la madre comunica “Emma, c’è papà”. Una frase emotivamente carica. Per restare nella logica fredda degli sguardi precedenti avrebbe potuto dire “Emma c’è tuo padre”, invece usa una formula familiare che salvaguarda la relazione tra padre e figlia. Una scelta rispettosa che definisce la separazione come – tutto sommato – abbastanza serena.
L’abbraccio tra papà e figlia conferma che la relazione tra bimbo e singolo genitore non è alterata ed è sempre gioiosa. Si può notare dalle case sullo sfondo che si tratta di una famiglia benestante, se fosse Roma potrebbe essere un luogo di Prati. Quindi a questo punto lo spot esclude alcune cose della separazione: non è avvenuta in una situazione di svantaggio o esclusione sociale; non è avvenuta in modalità estremamente conflittuali; la bambina non è stata usata da un genitore per metterla contro l’altro; è stato conservato un elevato livello di serenità. Papà e figlia si recano verso la macchina.
La madre guarda la scena dall’alto. È uno sguardo diverso da quello di prima perché lei sa di non essere vista. Quindi non deve nascondere un’emozione che invece è offerta agli spettatori. Un’emozione di tristezza, un’emozione vera.
E arriviamo alla scena clou del corto, ormai diventata meme in mille modi diversi. Il padre sa benissimo che non è possibile che la madre abbia mandato quel frutto, ma tiene il gioco alla figlia. È un passaggio molto importante che definisce l’azione della figlia. Se il padre avesse creduto al racconto della bambina, lei sarebbe passata per piccola manipolatrice (lo so, è un’espressione molto forte, ma concedetemela per amore di discussione); invece visto che il gesto è stato scoperto, il gesto di Emma è solo molto tenero. Quale è allora il vero scopo di Emma? Aprire una comunicazione, cosa che avviene.
Il padre guarda verso la finestra della madre, finestra che era già stato un canale di comunicazione che quindi viene usato in maniera coerente. Da notare che la soggettiva è omologata al punto di vista della bambina (vediamo il cruscotto dell’auto). In un certo senso è la sua piccola vittoria. Quindi riassumendo: lo sguardo di Emma ha trasformato una pesca in veicolo di comunicazione e la pesca ha cambiato lo sguardo dei genitori. Un oggetto neutro è diventato un qualcosa di emotivamente carico e “caldo”, da cui il claim finale “Non c’è una spesa che non sia importante”.
Noi sappiamo che fino a pochi secondi prima la madre era alla finestra e non abbiamo visto il suo allontanamento. Potrebbe essere là oppure, il riflesso impedisce di vedere. Da notare l’uso delle piante sul davanzale, anche questo non è casuale e si può interpretare come un segno di prosperità e di speranza.
Cosa fa la nostra piccola stratega in macchina? Infila perline, una ad una, in una collanina o un braccialetto. Segno di una strategia di lungo periodo? Potrebbe essere l’episodio uno di un lungo percorso che porterà i genitori al riavvicinamento? La pesca è il primo anello di una collana? Se così fosse sarebbe una strategia di marketing molto coraggiosa, ma non priva di insidie. Bisogna anche tenere a mente che questo spot ha fatto – come si suol dire – il botto, diventando fenomeno di costume. Se ci fosse un “sequel” sarà molto complesso soddisfare le aspettative.
Molto è stato detto su questo spot, ma in questa sede ho voluto considerare il suo aspetto principale: il racconto di una storia. Benché una storia racconti un aspetto possibile della realtà, non è il paradigma di una determinata situazione, meno che mai di una questione individuale, variegata e complessa come quella di una separazione. Con questo non è mia intenzione negare la liceità di altre letture.