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RECENSIONI   /   cinema   /   Diario non ufficiale del 69 Festival di Venezia (2)

(sabato, 1 settembre 2012)

20120901-113721.jpgOggi non parlo del tempo atmosferico (che a quanto pare è anche una brutta abitudine di scrittura), ma di una certa temperie che sta salendo qui al Festival. La ragione è la solita: la sindrome di accerchiamento da parte della stampa “stampata”, il giornalismo blasonato e impresso sulla nobile carta, contrapposto al “mezzo online”, per natura cialtrone, scavezzacollo e figlio di Wikipedia (e chi più ne ha più ne metta). Non è chiaro chi abbia fatto pressione su chi, fatto sta che è stata diramata una nota di “embargo” alquanto pittoresca, mai vista a nessun Festival cui abbia partecipato. In partcolare un Tweet del responsabile ufficio stampa della mostra che recita “si raccomanda ai giornalisti l’embargo per le proiezioni anticipate stampa per rispetto dei tempi di lavoro di tutte le testate”. Wow.
Di solito si chiede alle testate on line più rapide di aspettare la proiezione per il pubblico per parlare di un determinato film. Questa misura è comprensibile e anche condivisibile in misura minima. Il nuovo embargo prevede l’obbligo di attesa per la pubblicazione fino alla mattina successiva alla proiezione. Il perché è evidente: favorire la stampa che esce in edicola. Misura ridicola: come obbligare tutti i veicoli che circolano in una data strada alla velocità del veicolo più lento. Della serie: se incontrate una bicicletta cavoli vostri, andate a quel passo. E se il ciclista è anziano? Data l’età media dei giornalisti della stampa blasonata il paragone è tutt’altro che peregrino…

Cosa aspettino gli Uffici stampa e le direzioni dei Festival per capire che il presente è dell’editoria on line, non si sa. I tempi non stanno cambiando, sono già cambiati. Forse aspettano solo di essere “inzuppati fino al midollo” come diceva Bob Dylan. Drenched to the bone. Chissà.
Il primo film della giornata è stato “Bad 25″ di Spike Lee e devo dire che le aspettative non sono state deluse. Non era facile realizzare un film basato su un solo Album di un artista poliedrico come Michael Jackson, ma il buon vecchio Spike c’è riuscito in pieno. Un film coinvolgente, commovente e che dà un’idea molto precisa di Jacko, forse persino più di un normale documentario biografico. L’unico momento che esula dal tema è il ricordo del giorno della scomparsa dell’artista, ma sarebbe stato un errore non metterlo.
Subito dopo ho visto un documentario di Liliana Cavani “Clarisse”, una serie di interviste ad alcune suore dell’ordine di Santa Chiara. Sono venuti fuori degli spunti molto interessanti sulla figura della donna nella Chiesa cattolica, e si può dire che sotto la superficie c’è uno scontento che sta montando. Una delle suore dice che “forse non vedremo un cambiamento a breve, ma è nell’aria”. Il più grande senso di tradimento della Chiesa, che emerge sempre dalle parole di queste suore, è nel fatto che le persone non vengono considerate come individui, ma rispetto al genere. Sì, c’è misoginia all’interno della Chiesa. Alla domanda “cosa direste alle donne di oggi?” la risposta non poteva essere più eclatante: “povere loro”.
Dopo il corto, il primo lavoro come regista di Locascio, La città ideale. Ho trovato molto interessante la struttura di questo “thriller mancato”, che mette a nudo in maniera simbolica e spesso persino onirica le storture del nostro paese. Siena diventa la metafora di tutta l’Italia, con le sue pochezze e i suoi vizi. Il destino per i pochi onesti sembra davvero ben triste.
Il biopic di Amos Gitai dedicato al padre, per l’appunto “Lullaby for my father” mi è sembrato buono nelle intenzioni ma troppo freddo nello svolgimento. A quanto mi hanno detto, l’esatto contrario di Sarah Polley che invece abbraccia in toto il sentimentalismo della ricerca familiare. Mi sembra una scelta di carattere e quindi vincente. Se mi parli di tuo padre come se fosse un personaggio storico qualunque, io non ti credo. Punto.
Alla fine ho recuperato anche The Iceman. Film curato, ben recitato e come dice Gabriele Niola con la più grande quantità e collezione di basette e mustacchi, ma non ho visto un vero perché dietro a questo film. Francamente fare una specie di elegia al più famoso killer a contratto della seconda metà del novecento mi sembra davvero gratuito. La fotografia del vero Kuklinski, tipo santino, prima dei titoli di coda mi è sembrata davvero di pessimo gusto. Va bene, hanno scritto che ha ucciso 100 persone, ma scriverlo in questo contesto vuol dire farlo assurgere a una gloria piuttosto sinistra.
L’ultimo film è Chercez Hortense, una commedia gradevole, ma non sempre dotata del giusto mordente. Una conversazione però è davvero interessante. L’anziano presidente del Consiglio di Stato è in un ristorante giapponese con il figlio di mezza età, e flirta con un giovane cameriere nipponico.
Figlio: papà sei gay?
Padre: che vuol dire?
Figlio: papà sei omosessuale?
Padre: no
Figlio: papà sei mai andato a letto con un uomo?
Padre: sì… ma perché, questo vuol dire che sono omosessuale?!?

Chissà…

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