RECENSIONI / cinema / La danza macabra di Hugo Cabret(martedì, 6 marzo 2012)
Credo sia lecito chiedersi il perché di una tale scelta e penso di poter formulare un’ipotesi al riguardo. Com’è noto, la Danse macabre di Saint-Saens trae ispirazione dall’omonimo poema grottesco di Henri Cazalis. La morte, al suono di un violino scordato, evoca cadaveri, demoni e altre creature fantastiche che escono dalle tombe. La “scordatura” del violino viene resa dalla differenza di tonalità: l’orchestra segue una linea melodica in Mi Maggiore, mentre la morte, al violino solista, segue una linea in Mi Minore. La stessa linea melodica, come viene riportato in questo articolo (per chi voglia approfondire) in realtà è un capovolgimento del tema classico del Dies Irae. Vediamo adesso ad Hugo Cabret. L’idea dietro a questa scena potrebbe avere a che fare con la caratteristica implicitamente necromantica dell’esperienza cinematografica. I morti vengono riportati alla luce (anzi, dal punto di vista della proiezione danzano sulla luce) dalle profondità del passato, immagini spettrali condannate a ripetere a ogni séanse il momento in cui sono state catturate dalla macchina da presa. A evocarle, la figura del cineasta-proiezionista, figure ora ben distinte ma allora coincidenti. Anche questa è una figura ambigua, viva e morta allo stesso tempo. Salto d’immaginazione da parte mia? Non direi. Nel momento in cui i due giovani chiudono il libro, lo stesso autore comunica loro che George Melies è morto. La percezione della realtà è uno dei temi fondamentali di Hugo Cabret e in quel momento anche noi spettatori siamo chiamati a dubitare dello stato di salute di Melies: è vivo? E’ morto? E’ entrambe le cose insieme? E’ ancora quell’essere spettrale che fa danzare immagini sul filo luminoso di una proiezione? L’ambiguità non viene sciolta finché non ci troviamo di fronte a Melies, attirato dal suono di un proiettore, quasi fosse il suono del violino della Danse. Poco dopo Melies riporta alla mente il suo incontro con i fratelli Lumiére, e in quel preciso istante torna ancora una volta la melodia della Danse Macabre, proprio nel momento rivelatorio in cui Melies comprende la sua vera vocazione. Quella di diventare evocatore di immagini impossibili, che nella finzione siano in grado di violare anche le regole della natura. Che la colonna sonora musicale abbia un’importanza fondamentale nel cinema di Scorsese, ormai è quasi un luogo comune. Potrebbe esserci questo significato “ideologico” dietro alla scelta di Saint-Saens?
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