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RECENSIONI   /   cinema scrittura   /   Recensione: giovane e bella

(lunedì, 4 novembre 2013)

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Giovane e bella, ovvero come non scrivere di sessualità al femminile. Mi fanno sempre paura film diretti da uomini che parlano di sessualità al femminile. Purtroppo gli uomini devono superare se stessi per entrare in risonanza con una sessualità di tipo diverso dalla propria, e questo superamento avviene fin dal primo momento, nella fase di scrittura. In un certo senso, Giovane e bella di Ozon è un film esemplare da questo punto di vista, di come cioè non si scrive un film sul risveglio sessuale di una giovane. La pellicola di Ozon non è un film “osceno” in senso stretto, e a ben vedere non è neppure scioccante o controverso. Purtroppo la nostra percezione della sessualità è così anestetizzata, la sessualizzazione delle donne (anche delle giovanissime) è così diffuso che è molto difficile provare turbamento, indignazione o un qualunque altro tipo di emozione umana. Il film di Ozon non è neanche un’opera di liberazione: la sessualità di Isabelle non è un riscatto e nemmeno segno di un’autodeterminazione. Si potrebbe dire che sia puramente un caso, o un accidente, una scusa per mostrare una serie di sequenze a sfondo erotico.

Se la sessualità di Isabelle non dice nulla sul personaggio e non è la parte risolutiva di un ideale romanzo di formazione, allora è lecito domandarsi a chi giovi il film di Ozon. Ci si può rendere facilmente conto che questo lavoro pseudoscandaloso ha, ancora una volta, lo stesso noioso fine: l’esaltazione della sessualità maschile. L’intento voyeurstico del film è così palese fin dalla prima inquadratura da essere programmatico. La giovane protagonista viene guardata in un bincolo dal suo fratellino, allo stesso tempo complice e voyeur. Il luogo una località di villeggiatura in cui Isabelle consuma il primo rapporto sessuale, lo scorcio temporale è quello di una breve estate di cambiamento, quello del diciassettesimo compleanno di Isabelle. Alla fine dell’estate, dopo aver dimenticato rapidamente il proprio primo amante in maniera fin troppo letterale (la macchina dei genitori che supera la bicicletta dell’anonimo ragazzottto tedesco), la ragazza inizia subito a prostituirsi. Siamo subito gettati nel mezzo di questa nuova situazione senza preparativi né pratici né interiori da parte della protagonista. Il suo primo cliente è un uomo molto più anziano di lei, si potrebbe dire: un uomo gentile. Quello che non bisogna dimenticare davanti a questa situazione è che c’è solo un modo per descrivere un rapporto sessuale tra una minorenne e un uomo adulto: stupro. Com’è noto, lo stupro avviene in qualunque momento in cui non ci può essere il consenso di una delle due parti. In questo caso, la minore età di Isabelle le impedisce di formulare un consenso perfetto, ed è giusto che una legge restrittiva la protegga.

Ozon però non si preccupa di niente di tutto questo, perché solo una cosa è interessante per lui. Il piacere del cliente. Una scena è rivelatoria: poiché Isabelle è del tutto incapace di provare qualcosa, guarda un film pornografico per capire “come” si deve comportare una donna durante un rapporto. Lo stato paradossale di questo corto circuito è evidente. E’ come se Isabelle fosse animata da un senso di servizio nei confronti dell’uomo: poiché la cosa più importante è la soddisfazione del cliente, lei deve uniformarsi al suo immaginario, corrispondente in tutto e per tutto a quello della produzione pornografica. Lo stesso personaggio di Isabelle è un prodotto maschile, svuotato di motivazioni, desideri, bisogni (non spende neppure i soldi che guadagna): la sua uunica funzione è quella di essere pronta e disponibile. Questo naturalmente non è del tutto vero: se uscisse la sera per vedere i clienti, sua madre e il suo patrigno si potrebbero insospettire. La ricerca visuale di Ozon è quella di un erotismo patinato e di una serie di vani tentativi di provocazione che non vanno mai al di sotto della superficie. E’ pur vero che il regista franncese non va alla ricerca dell’indagine sociologica (perché una giovane si prostituisce?), l’unica cosa che sarebbe riuscita a rendere questo film ancora più insopportabile. Però manca anche solo un timido tentativo di creare un personaggio che non sia qualcosa di più di una figurina dedicata al solito, grezzo piacere estetico, dello sguardo maschile.

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