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scrittura   /   Danny Bailey – come creare un personaggio storico che non esiste

(martedì, 2 aprile 2013)

In Goodbye yellow brick road di Elton John (1973) c’è una canzone, “The Ballad of Danny Bailey (1909–34)”, che mi ha sempre attirato molto. Io credo che uno scrittore possa imparare molto da una canzone di questo genere, in particolare come inventare personaggi storici che non esistono, dando loro corpo e credibilità. Mi piace prendere ad esempio canzoni per procedimenti di scrittura particolari perché le canzoni per ragioni di brevità sono più dense e corpose e per queste ragioni hanno meccanismi di scrittura più chiari e scoperti.

The Ballad of Danny Bailey (1909–34) è stata scritta, per quanto riguarda il testo, da Bernie Taupin, il paroliere di Sir Elton John. Anch’egli inglese, in realtà ha sempre avuto un amore grandissimo per la musica folk statunitense, dimostrato peraltro dall’album country rock di Elton John di tre anni prima, Tumbleweed Connection (1970).

La ballata di Danny Bailey è la storia di un fuorilegge, di cui vengono riportate le date di nascita e di morte, come si farebbe per una lapide. Il motivo funerario è peraltro ricorrente in Goodbye yellow brick road, dall’esplicito “Funeral for a friend” al brano dedicato a Marilyn “Candle in the wind”, fino alla morte di “All the girls love alice”, passando per l’esorcismo cinematografico di “Roy Rogers”.

L’andamento funebre di Danny Bailey è chiaro fin dalle prime note di piano. Note spettrali, decise ma allo stesso tempo in attesa dell’entrata della voce, che inizia “Some punk with a shotgun, killed young Danny Bailey” (un teppista con un fucile a pompa ha ucciso il giovane Danny Bailey) e subito l’arrangiamento ci fa sentire quel colpo di fucile, evocato da un secco tonfo di batteria. Non è solo un ricordo: veniamo portati nel vivo dell’azione. E prosegue “in cold blood, in the lobby of a downtown motel” (a sangue freddo, nell’atrio di un albergo di periferia), in modo da creare la scena intorno a noi. Viene da pensare: se Danny Bailey era così grande, perché è stato ucciso da un semplice teppista? E subito il perché viene spiegato: “Killed him in anger, a force he couldn’t handle / Helped pull the trigger that cut short his life” (l’ha ucciso rabbiosamente, una forza che non poteva controllare lo ha aiutato a premere il grilletto che ha tagliato la sua vita). Il “teppista” è quasi il fantoccio di una forza superiore, forse dello stesso destino evocato dai primi accordi di piano. E poi “And there’s not many knew him the way that we did / Sure enough he was a wild one, but then aren’t most hungry kids” (Non molti lo conoscevano come noi, certo era un selvaggio, ma alla fine non sono selvaggi tutti i ragazzi affamati?) il punto interrogativo lo aggiungo io, e la “fame” di cui parla non è solo fisica, ma soprattutto spirituale, una fame di insoddisfazione. Con questo verso si capisce chi parla: è come se parlasse la comunità di Danny Bailey, quelli che contavano su di lui, quelli che lo consideravano un eroe anche se era a tutti gli effetti un fuorilegge. Così vengono fuori due fuochi che animano i due personaggi protagonisti dello scontro: da una parte il “teppista” con la sua rabbia e dall’altra Danny Bailey con la sua fame. Poi segue il ritornello

Now it’s all over Danny Bailey

And the harvest is in

Dillinger’s dead

I guess the cops won again

Now it’s all over Danny Bailey

And the harvest is in

In cui la parte più notevole è la citazione di Dillinger: citare un personaggio reale nella vita di un personaggio di fantasia dà autorevolezza al racconto e lo collega all’esperienza di chi legge. Inoltre, dà il tono al personaggio. Dillinger era un gangster, quindi probabilmente lo era anche Danny Bailey. Per completezza riporto il seguito del testo, anche se si possono già tirare le somme.

We’re running short of heroes back up here in the hills

Without Danny Bailey we’re gonna have to break up our stills

So mark his grave well `cause Kentucky loved him

Born and raised a proper, I guess life just bugged him

And he found faith in danger, a lifestyle he lived by

A running gun youngster in a sad restless age

Bernie Taupin ha inventato non solo un personaggio, ma lo ha inserito in un ambiente che lo amava e lo adorava come un eroe. In un certo senso chi canta è il portavoce di una comunità che soprattutto getta una luce sul protagonista, ne fa vedere tutti gli angoli che vuole mostrare e ne tace altri (per esempio, non viene descritto come un violento pur essendo un gangster o un fuorilegge, altre parole che non vengono usate).

A questo punto propongo un esercizio: provate a creare un eroe o un antieroe e invece di dare la voce a lui, fate parlare le persone che contavano su di lui (o lei!) e lo guardavano come un esempio da imitare o come una specie di salvatore. Non è che dovete scrivere una canzone, potrebbe essere un epitaffio, un (finto) articolo di giornale, un discorso funebre, una notizia data a voce a qualcuno (che poi si potrebbe trasformare in un dialogo). E poi… chissà, magari questo discorso potrebbe diventare un racconto davvero molto interessante. Sperimentate, giocate, esplorate i vostri limiti, in fondo non è proprio questo scrivere?

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