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scrittura   /   Due gradi e mezzo. Scrittori, il networking serve!

(giovedì, 27 marzo 2014)

Cos’è questo networking di cui tutti parlano e, soprattutto, uno scrittore (aspirante, affermato, indipendente o legato a una casa editrice) ha bisogno di networking? Due gradi e mezzo di separazione di Domitilla Ferrari risponde in maniera efficace e diretta a queste domande. Per non lasciarvi troppo in sospeso, la risposta alla seconda domanda è “sì, uno scrittore ha assolutamente bisogno di networking”.

Facciamo un piccolo passo indietro. Ho comprato questo libro alla IBS di via Nazionale, a Roma. C’è voluto un po’ perché le solerti commesse lo trovassero. Alla fine è saltato fuori dalla sezione di marketing. Ammetto di aver sentito un brivido lungo la schiena. Ebbene sì, ammetto di avere qualche pregiudizio nei confronti della parola marketing. Come primo impatto, penso a una serie di tecniche tese a ottenere una vendita, senza considerare troppo l’essere umano che acquista. Adesso sono (quasi) convinto di sbagliarmi.

Ho letto due gradi e mezzo in una giornata, e per prima cosa sono andato a guardare la pagina dei ringraziamenti. Mi piace l’idea che un autore abbia qualcosa per cui essere grato, che ripensi, a chiusura del proprio libro, alle persone che lo hanno ispirato e che lo hanno aiutato in maniera concreta. L’umiltà è un valore civile che dovrebbe essere recuperato al più presto.

Quello che mi ha colpito di Due gradi e mezzo (e che potrebbe farmi ricredere sulla parola “marketing”) è il profondo senso di umanità e di compassione dietro a ogni singola pagina di questo libro. L’autrice non invita all’adozione di una serie di tecniche per ottenere il massimo dalla propria rete, costituita dal sistema delle proprie conoscenze, on line e off line. Al contrario, Domitilla Ferrari invita alla sincerità, a dare prima di ricevere, a coltivare relazioni umane autentiche.

Ho solo una parola per definire questo approccio al “fare rete” di cui parlano tutti (qualche volta a sproposito): rivoluzionario. Alcuni pensano che la propria rete sia una specie di pozzo da cui attingere fino all’esaurimento. Purtroppo è una cosa che vedo anche nelle mie cerchie. Le cose non stanno, ovviamente così. Per restare in metafora, una rete è un pozzo da cui prendere acqua, ma che noi stessi dobbiamo rendere vivace con l’aggiunta della nostra acqua, in uno scambio vivace ma (soprattutto) autentico. Una parte importante del libro è riservata alle buone pratiche per presentare se stessi sui vari social network. Per uno scrittore (in teoria) dovrebbe essere più facile presentarsi secondo una narrativa coerente e (lo ripeto fino alla nausea) autentica. Di fatto, non è necessariamente così. Troppo spesso vediamo i social network (e mi inserisco tra i colpevoli) come una specie di “sfogatoio”. Non sempre è sbagliato. Dipende però dall’immagine che vogliamo dare di noi stessi.

Ritornando alla seconda domanda (per la prima domanda, che cosa è il networking, vi rimando al libro), uno scrittore, ha bisogno di networking? Lo scrittore ha un bisogno enorme di networking, anzi ne va della sua sopravvivenza. Il perché è ovvio: uno scrittore vuole che la sua voce sia ascoltata, e dunque ha bisogno di lettori. Anche chi pubblica per una casa editrice ha la necessità di promuovere il proprio libro. I tempi in cui tutto era delegato alle case editrici è passato da tempo. Un carico in più di impegno per un autore, ma un carico ancora più grande di entusiasmo (una sezione molto bella di Due gradi e mezzo parla dell’amore per il proprio lavoro). Il “trucco” (ma in realtà non c’è nessun trucco), è quello di avere già una rete, su cui “cadere”, senza dover chiedere alcunché in maniera insistente, senza dover ricorrere a pratiche fastidiose (non taggate tutti i vostri amici sulla copertina del vostro libro appena uscito!), e senza rivolgersi ai propri “amici” di Facebook solo nel momento del bisogno. Solo se avremo dato valore, riceveremo valore. Solo se saremo stati autentici, riceveremo autenticità. Questa la lezione più bella di Due gradi e mezzo di separazione.

 

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2 commenti

  • gianna volpi
    il 5 agosto 2014 alle 9:15 ha scritto:

    Sono molto d’accordo sulle ultime righe di questo post. Occorre andare dritti con la consapevolezza (e la serenità) che siamo stati presenti ricoscendo anche i valori degli altri. Anche se non sempre (o forse non subito) si viene ripagati. Bel sito, complimenti!

  • mauro
    il 5 agosto 2014 alle 9:31 ha scritto:

    Grazie, è proprio così. Quello che mi piace di questo libro è che non tratta le opportunità date da internet e dai social media come dei limoni da spremere, perché parte da un presupposto semplice ma spesso poco applicato: per ricevere valore, è necessario dare valore. La prospettiva umanistica da cui parte il libro di Domitilla Ferrari è molto rinfrescante e molto positiva.

 

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