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scrittura   /   La mentalità della gente

(lunedì, 17 dicembre 2012)

L’ho già detto molte volte: la ricchezza più grande di uno scrittore risiede nella sua capacità di osservare la realtà che lo circonda. Essere scrittori non è una modalità attiva solo nel momento in cui ci troviamo davanti allo schermo di un computer o davanti al nostro taccuino. Se sei uno scrittore lo sei sempre. Non è un’attività, ma un modo di essere. Non vorrei però essere troppo astratto, quindi in questo post vorrei raccontarvi una serie di circostanze di cui sono stato testimone in prima persona.

Uno dei procedimenti narrativi più comuni consiste nel presentare una situazione normale in cui irrompe all’improvviso un elemento di disturbo. In quanti film abbiamo visto una tranquilla cittadini in cui arriva un qualcosa di completamente estraneo e “perturbante”? Dalla Nicole Kidman di Dogville alle ballerine del Ciclone, questo metodo è stato usato per tutti i generi e per tutti i registri espressivi, dai più alti ai più modesti.

Veniamo ora alla mia esperienza personale. Lo scorso fine settimana sono stato impegnato come attore nella realizzazione di un corto cinematografico. Il personale tecnico era composto interamente da giovanissimi (intorno ai vent’anni o poco più) desiderosi di fare una prima esperienza insieme, pur portando avanti un progetto ambizioso e di livello piuttosto alto.

“Problemi”, scritto da Francesco Adami, che firma la regia con Mattia Carchia, è un mini film a più voci in cui diversi personaggi e storie differenti sono uniti da un filo conduttore poetico e da un finale collettivo in cui tutti i nodi vengono sciolti. Questa non è una specie di mini recensione (anche perché sono coinvolto), ma una semplice descrizione del progetto.

Sabato 15 e domenica 16 abbiamo fatto le scene del mio personaggio. Sabato abbiamo girato gli interni e, come prevedibile, non ci sono stati problemi particolari. Il bello è avvenuto tutto quanto di domenica, nel momento in cui la troupe è stata “esposta” allo sguardo dei passanti. Non sto parlando di passanti qualunque, ma dei famigerati “condomioni”. Le scene si svolgevano nel cortile del mio condominio, con un dettaglio della mia palazzina. Faccio un piccolo elenco dei tipi umani che hanno interagito con noi.

Avevamo i necessari permessi per girare? Onestamente non lo so e non è la parte più importante di questo articolo, anzi, se qualcuno conosce la risposta sulla necessità di tali permessi (anzi, sull’obbligatorietà) può lasciarmi un commento qui sotto, gliene sarò grato.

I curiosi

Alcuni si sono avvicinati solo per sapere cosa stava succedendo. Alcuni sorridevano, altri se ne andavano un po’ perplessi, altri ancora ovviamente avevano paura di passare o di essere ripresi. Un signore distinto ha persino detto “no, lo so come vanno queste cose: mio fratello scenografo ha lavorato con Visconti”. Hai capito.

La signora alla finestra

A un certo punto una signora alla finestra ci stava guardando con molta insistenza. Per un attimo abbiamo pensato stesse chiamando la polizia. Fortunatamente questo non è successo.

Il disturbo sonoro

Non sto parlando di passanti ma di intrusi acustici. Passaggio di aerei, allarmi, clacson, cani che abbaiavano, uno della troupe che saltellava dietro alla macchina da presa in maniera impropria… abbiamo dovuto buttare un sacco di scene per sonorità troppo invadenti. Rischi del mestiere di registrare in presa diretta.

Il marchese di condominio

“Che ci fate qui? Il palazzo è nostro!”. Ebbene sì, qualcuno non ritiene di avere un solo appartamento ma un intero palazzo. Il bello è stato il modo brusco e risentito con cui è stata fatta questa curiosa affermazione. Gli ho detto “Guardi, abito all’altra scala” e questa persona si è calmata. Però aveva lo stesso l’espressione di qualcuno a cui stiano rubando qualcosa.

La signora brontolona

“Ma chi vi ha dato il permesso di fare sta’ cosa?”. Va detto che quando abbiamo detto di essere di questo condominio la signora si è tranquillizzata.

Il vecchietto qualunquista

Questa l’ho tenuta per ultima. Un signore: “ecco perché questo paese va in rovina, perché pagano dieci persone per fare una scena di due minuti” al che abbiamo detto “guardi, non ci paga nessuno stiamo facendo tutto di tasca nostra” e la sua reazione è stata “peggio! Che spreco di tempo… quanto tempo sprecato”. Forse il paese va in rovina perché questa è l’opinione dei processi creativi. Non perché quello che stiamo facendo sia necessariamente un capolavoro. Essere impegnati in un lavoro artistico vuol dire impegnarsi, rischiare e affrontare anche un possibile fallimento. A volte anche solo di tasca propria o impegnando il proprio tempo. Vedere tutto questo come uno spreco è davvero deleterio. Un artista (di qualunque genere) contempla anche la possibilità di non realizzare un buon prodotto (anche se sono convinto che in questo caso uscirà un buon prodotto), ma tutto questo serve a un processo di crescita individuale e collettivo. A me fa un po’ pena chi non lo capisce.

Conclusione

La realtà ci offre spesso il modo di vedere tipi umani, di vedere persone che conosciamo magari solo di sfuggite e di osservarle in contesti diversi e “disorientanti”. Queste situazioni sono una miniera di esperienze a cui uno scrittore ha il dovere di attingere. Dovere verso se stesso ma pur sempre dovere.

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