scrittura / Recensione: “No, è un ukulele” di Jontom(mercoledì, 27 giugno 2012)Era l’estate del 2008. Avevo iniziato a strimpellare un ukulele pochi mesi prima, uno Uke.it in compensato che allora mi sembrava avesse un suono bellissimo. Devo averlo ancora, nascosto in qualche ripostiglio. I graffi e le indentature sulla parte inferiore della cassa armonica suggeriscono che devo averlo suonato parecchio. Poco prima che arrivasse l’estate c’era stato il Festival dell’ukulele di Parigi, dove avevo conosciuto Mimmo Peruffo e Daniela Gaidano di Aquila Corde. In quell’occasione avevo conosciuto anche Max De Bernardi, di cui ammiravo la maestria nell’esecuzione e Veronica Sbergia, dalle incredibili doti vocali. Avevo incontrato anche Victoria Vox, una ragazza umile e alla mano, e Sweet Soubrette. Non sapevo che pochi anni dopo Sweet Soubrette sarebbe stata ospite a casa mia e avrebbe persino cantato in italiano una delle sue canzoni, da me tradotta. Ancora non lo sapevo, ma avevo già avuto esperienza dell’Aloha Spirit, un clima di fratellanza e familiarità che non mi è capitato di trovare in altri ambiti. Poco tempo dopo ero stato al Festival di Vicenza e avevo conosciuto tante altre persone, come Carlo De Toma, nobile jazzista barista e musicista di razza purissima. Allora fu proprio lui a consigliarmi di prendere un ukulele soprano di marca Ohana, un SK-35G. Non c’era ancora il Mercatino dell’ukulele, ma stavo andando negli Stati Uniti e sarei passato proprio per Los Angeles, sede operativa dell’Ohana. Così Daniela mi mise in contatto con Louis Wu, presidente di questa marca di ukulele che vuol dire proprio “famiglia”, che mi aspettò all’aeroporto con quello che sarebbe diventato il mio strumento inseparabile. In realtà le cose non furono così semplici, ma questa è la recensione del libro di Jontom e non posso parlare solo dei cavoli miei. In ogni caso, da quel momento me ne andai in giro per la West Coast con il mio nuovo ukulele sotto il braccio, per foreste, deserti e città. Arrivai con il mio SK-35G nel fondo del Grand Canyon, con una serie di imprevisti, inclusa “l’apertura totale” delle scarpe da trekking durante la discesa. Ogni tanto le persone che incontravo mi chiedevano cosa ci fosse in quella custodia rigida che portavo dietro la schiena, assicurata alla bell’e meglio allo zaino. Quasi una parafrasi dell’avvistamento di superman: un violino? Un mandolino? Un mitra? “No, è un ukulele”. Tutto questo mi è venuto in mente nell’istante in cui ho letto il titolo del libro-saggio-memoria di Luca Tomassini, in arte Jontom. Parliamoci chiaro, non sono un virtuoso dell’ukulele. Sono un dilettante che ogni tanto riesce a imbroccare il ritmo e che talvolta ha persino la faccia tosta di suonare e cantare in pubblico. Jontom è un professionista: musicista, compositore, virtuoso e docente, il primo in Italia a vivere -di fatto- dello strumento in cui crede. Ora veniamo al libro. Tengo a specificare (per restare in tema) cosa non è. Non è un trattato storico-scientifico per specialisti della materia e non è neppure una divagazione poetica in cui lo strumento hawaiano diventa un’icona leggendaria, una specie di arma sacra in grado di dare a chi lo impugna un’aura di superiorità rispetto al resto del genere umano. “No, è un ukulele” è un blocco di appunti, solo in apparenza slegati. Lo stile di comunicazione di Jontom, nell’insegnamento così come nella scrittura, è volutamente informale. Non è un vezzo ma una necessità: la necessità di rendere immediatamente accessibile un mondo ancora misterioso se anche un pinco pallo come me, in America, è costretto a specificare: “No, è un ukulele”. Almeno in America sanno cos’è un ukulele, se non altro. Il libro dallo stesso titolo va necessariamente oltre, spingendosi a spiegare cosa sia un ukulele. Tramite una serie di notazioni storiche precise, essenziali e mai ridondanti. Tramite le esperienze personali di Jontom come musicista. Tramite le sue esperienze concrete di insegnante. Forse uno degli aspetti più interessanti è proprio il racconto del suo rapporto con le varie classi di ukulele che ha avuto e i suoi consigli sulla gestione di una classe di ukulelisti. Chi ha intelligenza capirà immediatamente che le riflessioni di Jontom sono efficaci (mutatis mutandis) in tutte le situazioni di insegnamento, non solo ukulelistico. Dunque un libretto piccolo nelle dimensioni e pensato per la lettura on the road (è così agile da stare comodamente nella tasca posteriore di un paio di jeans), ma anche ricco di spunti di riflessione e accattivante nello stile. Chi non conosce l’ukulele ma sta iniziando ad avvicinarsi a questo mondo così ricco ed emozionante troverà le informazioni essenziali (e qualcosa in più) esposte in maniera chiara e illuminante. Chi già ama questo strumento lo leggerà anche con maggior trasporto e interesse, come si legge una lettera d’amore a un amico inseparabile.
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