(giovedì, 21 febbraio 2013)
Ovvero: il fallimento come risorsa per lo scrittore. In ogni attività umana è necessario prendere in considerazione la possibilità del fallimento. Purtroppo viviamo in una società che ci dice continuamente che dobbiamo essere di successo, possibilmente in maniera rapida e al primo tentativo. Chuck Palanhiuk scriveva in Fight Club:
“Siamo cresciuti con la televisione che ci ha convinto che un giorno saremmo diventati miliardari, miti del cinema, rock stars. Ma non è così. E lentamente lo stiamo imparando. E ne abbiamo veramente le palle piene.”
Voler fare tutto in fretta (con la convinzione di farlo anche in maniera eccellente al primo colpo) è tipico della civiltà occidentale. In questo potremmo imparare davvero molto dal lontano oriente. Prendiamo ad esempio il Bunraku, il teatro giapponese delle marionette. Si tratta di marionette molto grandi, mosse da tre persone. Chi pratica il Bunraku inizia muovendo i piedi della marionetta, poi passa al solo braccio sinistro e alla fine diventa il “burattinaio capo” e prende il controllo di testa e braccio destro. Per questa progressione a volte sono necessari trent’anni. Immaginiamo di chiedere una cosa di questo genere a un allievo italiano (o comunque occidentale…).
La lezione che possiamo imparare dal Bunraku è che ci vuole tempo per diventare maestri. Noi purtroppo non abbiamo percorsi graduali e la stessa idea di “gavetta” in realtà è una specie di truffa in questo paese: più che uno strumento educativo è uno strumento di oppressione.
La tecnologia però ci offre più di un metodo di liberazione. Adesso gli autori non hanno più la necessità di appoggiarsi a case editrici per esordire, non hanno più bisogno di costosi servizi editoriali per dare la luce al proprio manoscritto.
Proprio per questo fallire non deve più essere un male da preventivare, ma un vero e proprio diritto. Ogni giorno mi dico: “va bene, il mio progetto potrà anche non andare bene, potrà anche crollare rovinosamente, ma non per questo smetterò di provare, giorno dopo giorno, fino all’ultimo”.
Questa è la più grande forza che possiamo trovare, una forza di cui sono dotate sempre meno persone (in particolare in Italia) ed è anche l’unica cosa che alla fine farà la vera differenza.
Quindi scrivete, revisionate il vostro manoscritto, ascoltate le critiche, cestinate, recuperate, riscrivete, pubblicate e non vendete neanche una copia e (per l’amor di Dio) non smettete mai di crederci, neanche per un secondo, neanche con la pistola puntata alla testa dalla vita, perché la vita bluffa sempre e alla fine voi vincerete. E’ solo questione di tempo.
3 commenti
RISPONDI
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il 11 maggio 2013 alle 13:49 ha scritto:
Bellissimo il tema del Fallimento io l’ho vissuto qualche anno fa ma non mi ha sopraffatta.
Avevo fatto leggere le bozze dei miei scritti a un editore di piccolo se non piccolissimo spessore, una decina di giorni dopo andai a riprendemele. Mi pose la mia valigetta e mi disse che non erano di suo gradimento ma non per i temi trattati ma per lo stile, che daltraparte è il mio come ognuno ha il suo può essere migliorato ma non spersonalizzato…comunque…io ascoltai cosa aveva da dirmi, fece riferimento a una mia poesia che parla di un bambino in rappresentanza di tutti i bambini si intitola “goccie di stelle” così definisco gli occhietti dei bambini, lui la defini assolutamente irrealistica . Secondo lei i bambini che desiderano essere amati e che dicono …Ti voglio bene mamma è assolutamente irrealistico?
La mia conclusione è stata che se c’èra qualcuno ad avere problemi in quella stanza quella non ero io.
Mi disse anche che ancora non avevo capito qual’era la mia strada dicendomi che non si può scrivere nello stesso testo prosa e poesia. Eppure io lessi in una prefazione di un libro di una grande poetessa che non c’è più che lei era capace di mescolare divinamente bene prosa e poesia. A questo punto ero confusa. Mi disse anche che a lui non piacciono gli autori ibridi a temi complicati ..secondo lui.. ma per fortuna il mondo è vario. Ne sono uscita un tantino massacrata, ma non importa ,
che cosa gli ho risposto? Gli ho chiesto se gli piacevano i mandaranci lui è rimasto un po’ così poi mi ha detto di si.
Gli spiegai che i mandaranci non sono mandarini e non sono arance ma è un frutto ibrido un incrocio fra il mandarino e l’arancio amaro; grosso come un mandarino, dalla scorza sottile e liscia dal bellissimo colore aranione carico
dobbiamo allora concludere che poichè è un frutto ibrido dovrebbe piacerci meno del mandarino o dell’arancio?… Io lo trovo buonissimo, milioni di persone lo trovano buonissimo! Dopo ciò sapete come mi sono sentita ?…Un coloratissimo e squisitissimo mandarancio.
il 5 giugno 2013 alle 12:58 ha scritto:
Ormai con l’autopubblicazione sempre più facile si può evitare il serio passaggio con i professionisti dell’editoria che sanno bene cosa piace al pubblico (frase ironica)
il 11 giugno 2013 alle 13:47 ha scritto:
Sarà anche ironica la frase ma è la verità. Non sono molto interessata all’auto pubblicazione.
Il SERIO passaggio all’editoria con professionisti che non ti demoliscono o che non ti chiedono soldi e onestamente ti dicono su cosa devi migliorare, quali sono i punti deboli o quali sono i tuoi punti forti della scrittura che proponi mi interesserebbe moltissimo. Ma non sarebbero editori ma insegnanti …una volta lo erano un po’ ma i tempi sono cambiati e anche il pubblico.